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 La vita in mare

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Il Conte di Montecristo.
 
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MessaggioTitolo: La vita in mare   La vita in mare Icon_minitimeMar 20 Set 2011 - 20:44

GLI EMIGRANTI


Con l'avvento delle navi a vapore, nel XIX secolo, furono istituiti regolari collegamenti tra L'Europa e gli Stati Uniti d'America attraverso l'oceano Atlantico Settentrionale. Per il vecchio continente era un periodo di crisi politica e sociale segnato da tensioni, agitazioni e carestie, di conseguenza l'ondata di emigrazione verso il Nuovo mondo, iniziata nel XVIII secolo, divenne via via più massiccia grazie anche alla disponibilità di mezzi di trasporto più veloci.

Già nel 1819 un veliero Usa, dotato di macchina a vapore ausiliaria e di ruote a pale smontabili, il Savannah, aveva iniziato i primi viaggi da Liverpool a Savannah. Ma un vero e proprio servizio regolare venne inaugurato dal Great Eastern, un piroscafo costruito dall'ingegnere Isambard Kingdom Brunel, già famoso per le sue opere ingegneristiche quali la Great Western Railways, che collegava Londra con Bristol e in seguito Exeter, la costruzione di ponti ferroviari, tra i quali i più famosi furono il ponte sospeso di Clifton (Bristol - GB), sul fiume avon e il Royal Albert Bridge sul fiume Tamar (Saltash - GB).

Il Great Western fu varato nel 1837 e subito ebbero inizio le linee da tutti i principali porti europei verso quelli della costa orientale degli Stati Uniti, del Canada e del Sudamerica. Verso la fine del secolo, circa 4 milioni di italiani emigrarono nel Nordamerica, 2 milioni nel Sudamerica. Il censimento statunitense del 1890 indicò che dei 65 milioni di americani, 9 milioni erano nati all'estero. Dai 1815 al 1914, un numero enorme di europei, circa 35 milioni, entrò negli Stati Uniti, due terzi dei quali per stabilirsi permanentemente.

Il flusso migratorio italiano verso gli Stati Uniti fu alimentato in gran parte dalle popolazioni meridionalile cui condizioni, a partire dall'unificazione dell'Italia, che espose il sud alle pressioni economiche e fiscali del più prosperoso nord, andarono peggiorando. I grandi porti marittimi volsero per coloro che decidevano di emigrare la funzione di centri di raccolta e molti dei primi emigranti si spostarono verso le città costiere senza avere un'idea precisa della loro destinazione, ma con il proposito di raggiungere comunque l'America.

Le condizioni di vita degli emigranti sulle prime navi erano veramente difficili. Secondo Herman Melville, l'autore di Moby Dick, le sistemazioni di ponte sui velirei che trasportavano gli emigranti puzzavano come fogne. Secondo un'altra fonte a Grosse Isle, la stazione canadese di quarantena, quando vennero aperti i boccaporti di una veliero, fuoriuscì "un'aria viziata, densa e palpabile, come quella che si vede salire da un cumulo di letame". Sempre a Grosse Isle, nel 1847, gli emigranti in attesa di sbarcare vennero colpiti dalla peste e dal tifo; era accaduto infatti , che il fiume San Lorenzo che d'inverno era ghiacciato, non fu aperto al traffico fino a Maggio e, nell'attesa, si erano accumulate 40 navi all'ancora, lungo una linea si 3 km,con qualcosa come 45.000 persone a bordo.

Quando arrivò la Agnes con il suo carico di 427 persone, soltanto 150 erano ancora in vita. Dei 100.000 emigranti che lasciarono quell'anno le isole britanniche per il Canada, 20.000 morirono all'arrivo e 17.000 non riuscirono a vedere le coste della "terra promessa". Nel 1853 la Washington, una nave costruita appositamente per il trasporto di emigranti, perse 94 passeggeri (circa il 10% dei trasportati) a causa del colera scoppiato durante il viaggio.

L'avvento delle navi a vapore migliorò sensibilmente le condizioni di coloro che affrontavano l'esperienza dell'immigrazione per diventare cittadini americani, tanto che nel 1880 sbarcarono in America 457.257 emigranti, con la perdita durante la navigazione di "sole" 269 persone.

Il viaggio, in sistemazioni di ponte, essendo sconosciuto l'alloggio in cabina, non era certo piacevole, ma sicuramente, all'epoca della vela, le condizioni di vita degli emigranti erano ancora più terribili e aggravate dal comportamento senza scrupoli dei capitani e degli equipaggi. Molti velieri per esempio si mettevano in mare senza una scorta adeguata di vettovaglie, pur essendo sofraffollati; la gente spesso moriva di fame, specie se la traversata durava più a lungo delle consuete sei settimane.

Molti velieri, specialmente quelli impiegati sulla rotta Irlanda-Usa, durante la carestia del 1840-50, quando il popolo irlandese, impoverito ed affamato, non poteva certo permettersi il lusso di essere esigente, in fatto di trattamento, durante il viaggio, non erano affatto affidabili, tanto che le chiamavano "Navi bara" e molti lo diventarono davvero.

L'avidità di sensali marittimi e agenti di emigrazione, giocava un ruolo non secondario, sulla scelta di navi in pessime condizioni, riempiti oltre il massimo trasportabille di poveri emigranti che speravano di ricominciare una vita, più dignitosa in America. E' interessante notare che una delle maggiori agenzie noleggiatrici fu proprio una grande società armatrice, che era stata la più importante in Gran Bretagna
durante la tratta degli schiavi.

Essa applicò interamente i principi impiegati nella tratta dei negri al nuovo affare, connesso con il trasporto degli emigranti; primo tra tutti quello di stipare il maggior numero di persone, nello spazio più angusto.

LA VITA A BORDO

Le navi più utilizzate tra le Isole Britanniche e le coste orientali dell'America erano quelle adibite al trasporto di legname. Il trattato di Tilsit, stipulato tra Francia e Russia nel 1807, aveva tagliato fuori dall'approvvigionamento del legname del Baltico la Gran Bretagna che fu costretta pertanto a rivolgersi all'altra sponde dell'atlantico per soddisfare le proprie esigenze. Si è stimato che nel 1848 esistessero sino a 2000 navi che trasportavano legname in una direzione ed emigranti nell'altra.

Il lavoro di conversione di queste in navi passeggeri era minino; consisteva infatti nella costruzione di cuccette di meno di 2 mq di superfice nell'angusto spazio tra i ponti. In ognuno di esse venivano sistemate 4 persone, senza tener conto del sesso e dello stato sociale. A volte, nello stretto spazio tra le cuccette, venivano sistemate tavole grezze e panche. I gabinetti, quando c'erano, e comunque mai più di uno ogni 100 persone, si trovavano sul ponte di coperta e quindi erano inaccessibili in condizioni di mal tempo, piuttosto frequente in nord Atlantico. L'alternativa era una tazza o un bugliolo o qualsiasi altra cosa potesse capitare a tiro. Non c'era da sorprendersi che si diffondessero malattie.

I mezzi di sussistenza non erano migliori dei servizi igienici. Il British Passenger Act del 1842, una sorta di carta dei diritti dei passeggeri, fu redatto per assicurare agl emigranti una base minima di cibo e acqua, ma questo provvedimento quasi mai veniva rispettato. Secondo l'Act, ogni passeggero avrebbe dovuto ricevere 3,4 kg di cibo alla settimana e 3,5 l di acqua al giorno e la nave avrebbe dovuto rifornire ai passeggeri il combustibile per la cottura dei cibi e mettere a disposizione un piccolo fornello di mattoni sistemato in un determinato angolo disponibile.

L'Act prevedeva inoltre che le navi disponessero di una scorta di medicinali, ma non il dottore, perchè si partiva dal presupposto che gli emigranti, prima di imbarcarsi, si sottoponessero ad una visita medica, che di fatto, non era altro che una semplice occhiata alla lingua.

In effetti, a dispetto dell'Act, l'unica osservanza imposta ad una nave per la quale venisse chiesta l'autorizzazione al trasporto degli emigranti, era quella di avere, tra un ponte e quello sovrastante, un'altezza libera di passaggio non inveriore a 1,8 metri.
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